Supervisione e Altravisione

Centro Panta Rei organizza periodicamente attività di supervisione per psicologi e psicoterapeuti e di altravisione per differenti professionalità ed équipe di lavoro, sia presso la sede del Centro sia presso il committente.

I percorsi di supervisione del Centro Panta Rei mirano a supervisionare il lavoro dei colleghə focalizzandosi sia sui casi che sulle risonanze del terapeuta, insieme alla finalità di aggiornare i terapeuti su strategie e tecniche terapeutiche in relazione anche alle diverse patologie e disagi.

Centro Panta Rei ha svolto in questi anni la loro attività tra l’altro con i seguenti Enti:

Comune di Varese, Comune di Saronno, Comune di Melegnano, Comune di San Donato, ASSEMI, Comune di Cologno Monzese; Coop. Azimut, Coop. A&I, Coop. La Grande Casa, ASSL Ghedi, A.O. San Gerardo Monza, Comune di Sondrio, Comunità Montana Alta Valtellina, Comune di Rapallo.

Ho usato la parola altravisione per la prima volta con l’intento di costruire una differenza nel concetto di supervisione. Come sappiamo con la parola supervisione intendiamo la relazione tra due professionisti uno dei quali è più esperto, con la stessa professionalità, lo stesso modello teorico di riferimento, relazione che si organizza intorno alla riflessione circa il lavoro del meno esperto. In breve, il più esperto aiuta il meno esperto a riflettere intorno al proprio lavoro… È ormai consuetudine utilizzare la parola supervisione per quella attività di riflessione che viene svolta, sovente da psicologi o psichiatri, con équipe pluriprofessionali in differenti contesti sanitari e sociali. Ritengo che questo uso sia improprio, politicamente scorretto e dannoso. E’ improprio perché spesso l’attività di riflessione viene condotta da un professionista con una competenza non paragonabile a quella dei supervisionati, per esempio uno psicologo non ha gli strumenti e la conoscenza di un infermiere, di un educatore, di un medico, eo con un modello teorico differente, per esempio uno psicologo sistemico non usa le descrizioni e le pratiche di un collega cognitivista. E’ “politicamente scorretto”, perché implicitamente presuppone che alcune figure professionali, generalmente psicologi e psichiatri, posseggano una conoscenza superiore e che la superiore posizione gerarchica ne sia una conseguenza. E’ dannoso, esattamente perché suscita rivalità e conflitto nei colleghi supervisionati, tra professionalità differenti, genera ostacolo all’ingresso nei gruppi di lavoro, mina la costruzione di un contesto creativo utile al lavoro di riflessione e talvolta illude veramente i supervisori di possedere una natura superiore con evidenti rischi psicopatologici. Anche per questo da alcuni anni distinguo l’attività di supervisione, nel senso originario del termine, dall’attività che chiamo “altravisione”. Esattamente le differenze tra l’altrovisore ed i partecipanti all’altravisione definiscono questa attività come una visione altra, differente, anche nel senso di essere condotta, ma in questa caratteristica non si differenzia dalla supervisione, da una posizione eccentrica rispetto all’organigramma del gruppo di lavoro, all’istituzione committente, al caso-cliente-utente.

(A, Caruso, 2000)

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